La più banale infrazione diventa un reato penale: lo fanno tutti

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C’è una situazione che molti guidatori si trovano ad affrontare, e non sempre si comportano nella giusta maniera. Vediamo cosa dice il codice della strada su una norma che in molti infrangono, e i suoi rischi

La lascio qui due secondi e torno subito” quante volte ci siamo detti questa frase o la abbiamo sentita da qualcuno a noi vicino. In effetti il parcheggio in doppia fila è una pratica piuttosto diffusa, soprattutto nelle grandi città dove la carenza cronica di parcheggi crea molti disagi soprattutto a chi ha bisogno di fare una sosta breve.

L’articolo 158, comma2, lett. c ci illustra che la legge italiana sanziona il parcheggio in doppia fila. Si parte dalla sanzione amministrativa che va da 24 a 97 euro a seconda se è ciclomotore o motoveicolo ai 41 fino a 168 euro per tutte le altre categorie di mezzo. Inoltre, se la vettura è un pericolo o un intralcio alla circolazione, si può utilizzare la rimozione forzata.

A controllare e sanzionare questo tipo di illecito è la polizia municipale che si avvale anche di moderni strumenti di street control. Si tratta di apparecchi elettronici che sono in grado di identificare la targa di un veicolo anche a 20 metri di distanza.

Per essere multati non ha nessuna importanza il tempo di permanenza in doppia fila e che, dunque, l’illecito si configura sia per soste lunghe che per quelle di pochi minuti eventualmente rilevate dagli agenti della polizia municipale.

Sosta in doppia fila e codice penale

Recentemente l’argomento sosta in doppia fila è tornato alla ribalta dopo la decisione della Procura di Roma di contestare ai trasgressori il reato di “Interruzione di un servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità“, previsto dall’art. 340 del Codice Penale e punito con la reclusione fino a un anno. Questo perché molto spesso le auto in doppia fila bloccano il passaggio di ambulanze, autobus e tram, interrompendo di fatto un servizio pubblico.

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Esiste anche una sentenza della Corte di Cassazione del 2005 (la n. 24614), i cui principi sono stati ribaditi nel 2014 (con sentenza n. 32720) secondo la quale la condotta sopra citata è idonea ad integrare il reato di violenza privata, così come qualunque atteggiamento di ostacolo all’accesso o all’uscita provocato dal “parcheggio selvaggio” del veicolo.

Per i giudici, infatti, commette reato di violenza privata colui che ostruisce con il proprio veicolo l’unica via di uscita, o meglio, colui che fa questo con il preciso intento (dolo) di impedire la libera uscita dallo stesso.